Alla fine di agosto si è tenuto a Tianjin, in Cina, il 25esimo vertice della Shanghai Cooperation Organisation (SCO), con tutti i grandi Paesi protagonisti della scena orientale, il cui intento è anche quello di ridisegnare i contorni del “nuovo ordine mondiale”, non più incentrato sulla supremazia degli Stati occidentali.

Fondata nel 2001, l’Organizzazione per la cooperazione di Shanghai include Cina, India, Russia, Pakistan, Iran, Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan, Uzbekistan, Bielorussia e altri 16 paesi affiliati come osservatori o partner di dialogo. La sua importanza non deriva semplicemente dalla centralità del ruolo della Cina nell’ambito di questa Organizzazione, ma anche dal fatto che i Paesi rappresentati comprendono circa il 40% della popolazione mondiale e riserve rilevanti di materie prime.

Più volte la si è indicata come una struttura organizzativa – con funzioni economiche e militari – che la pongono come alternativa orientale alla Nato, se non addirittura come realtà “anti-G7”. I protagonisti indiscussi della due giorni di Tianjin sono stati sicuramente, oltre alla Cina, India e Russia. Per quest’ultima l’incontro è stata l’occasione per riaffermare le ragioni della guerra in Ucraina e per trovare sostegno negli alleati che sono diventati sempre più importanti dopo le sanzioni subite dal blocco occidentale.

Inoltre, l’assemblea è stata importante anche perché ha sancito la riapertura del dialogo tra i due principali Paesi della SCO, cioè Cina e India. I due Stati erano reduci da sette anni di fortissime tensioni conseguenti agli scontri militari dell’estate 2020 al confine conteso, che causarono decine di morti tra le truppe dei due Paesi, sfociate poi in un’ampia guerra commerciale e in uno scontro diplomatico a tutto campo. Tra gli effetti ci sono stati le rimostranze indiane per il sostegno (anche militare) della Cina al Pakistan e l’ira cinese per l’appoggio dell’India ai criteri di successione annunciati di recente dal Dalai Lama. Negli ultimi mesi alcuni accordi hanno appianato diverse controversie tra i due Paesi, tanto che sono state ripristinate operazioni di volo diretto ed è ripreso il rilascio di visti turistici, oltre ad essere rilanciata la cooperazione militare regionale.

Ma anche le forti tensioni fra India e Usa, sui dazi e la politica commerciale hanno sicuramente consentito un più rapido riavvicinamento fra i due contendenti, tanto che il Primo Ministro indiano, Narendra Modi, ha partecipato personalmente alla riunione svoltasi in Cina.

La cooperazione alla base della Sco, concentrata su collaborazione militare e lotta al terrorismo, ha ampliato molto i propri ambiti, specialmente a causa delle tensioni con gli Stati Uniti e si è estesa a settori quali energia, infrastrutture, governance digitale, promozione delle valute nazionali in alternativa al dollaro. È stata, inoltre, annunciata la creazione della SCO Development Bank per finanziare progetti comuni tra i paesi dell’organizzazione e ridurre la dipendenza dal dollaro.

L’Occidente guarda con sospetto a questa alleanza e soprattutto alla possibilità della formazione di un fronte compatto fra Cina, India e Russia. Tuttavia, i contrasti interni alla Sco, come quello tra India e Pakistan, rischiano di indebolire la coesione fra Paesi orientali. Alcuni analisti sostengono che la Shanghai Cooperation Organisation resti più una vetrina per mostrare unità che uno strumento effettivamente operativo, come dimostrerebbe la debolezza del sostegno all’Iran dopo i raid di Trump, rimasto di fatto lettera morta.

Crediti: Lara Jameson – Pexels

Federica Coscia, Paolo Gambaro

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