L’arrivo dell’estate anche quest’anno è stato caratterizzato da picchi di temperatura molto elevati non solo in Italia, ma in gran parte dell’Europa, con le autorità dei diversi Stati costrette ad adottare misure emergenziali, per limitarne gli effetti negativi sulla salute della popolazione.

Il caldo torrido, però, produce anche impatti significativi sul complesso dell’economia dei Paesi che lo subiscono: alcuni studi indicano come causerebbe la riduzione del tasso di crescita del PIL, diminuendo la produttività dei lavoratori in settori come agricoltura, commercio al dettaglio, ma anche servizi e finanza. Addirittura, una recente ricerca di Man Group in collaborazione con l’Università di Oxford suggerisce che esista un “fattore climatico” negli investimenti, con il caldo estremo che determinerebbe un aumento dello 0,72% della volatilità annualizzata dei mercati statunitensi negli ultimi due decenni. Se di per sé la cifra non sembra significativa, bisogna comunque tenere presente che gli investitori hanno dimostrato di considerare più rischiose le società con strutture concentrate in regioni esposte al rischio di estati roventi, spesso operanti in settori come quello dei materiali e dell’industria, oltre agli asset come i data center, dove i rischi climatici incidono direttamente sulle attività e sulle valutazioni. In particolare, secondo questa ricerca, tolti i fattori specifici, il solo trend di riscaldamento avrebbe determinato un aumento del 6,6% della volatilità totale di mercato.

Lo studio e la limitazione dei rischi climatici da riscaldamento globale hanno grande importanza anche per quanto riguarda gli investimenti sostenibili, che trovano sempre più attenzione da parte di grandi e piccoli investitori.

Infine, gli eventi climatici estremi, ivi comprese estati incandescenti, sono oggetto di strumenti speculativi meglio conosciuti come derivati climatici. I derivati, che sono nati per tutelarsi dalle oscillazioni dei prezzi, in special modo delle materie prime, causate da una pluralità di fattori ambientali, geopolitici, economici, spesso difficili da pronosticare, sono l’ideale per scommettere sul clima, che per definizione è incerto, aleatorio, frequentemente imprevedibile.

In principio questi derivati erano complementari alle polizze assicurative meteorologiche, in quanto i primi coprono eventi meteorologici a basso rischio e alta probabilità, causati dal clima più caldo o più freddo del previsto, mentre le seconde coprono in genere eventi catastrofici, quindi ad alto rischio, ma con bassa probabilità di verificarsi.

Il primo derivato climatico risale al luglio del 1996, quando Aquila Energy ha accettato di vendere energia elettrica alla Edison Consolidated per il mese di agosto a un prezzo fisso, ma soggetto a potenziali sconti. Se il mese di agosto fosse stato più freddo del 10% rispetto alla media, Edison avrebbe ricevuto uno sconto di 16mila dollari: più il mese di agosto fosse stato freddo, maggiore sarebbe stato lo sconto che Edison avrebbe ricevuto.

La deregolamentazione del settore elettrico nel Regno Unito e negli Usa, l’ingresso delle grandi aziende energetiche e delle compagnie assicurative in questo ambito della finanza, i dibattiti globali sull’inquinamento atmosferico e sui cambiamenti climatici hanno fatto il resto: nel giro di pochi anni i derivati climatici si diffusero molto, fino ad arrivare nel 1999 ad essere negoziati sul Chicago Mercantile Exchange (Cme) che è la principale Borsa statunitense per i derivati. In linea di massima, i futures e le opzioni meteo negoziati su questo mercato riflettono, tramite indici specifici, le temperature medie mensili e stagionali di 15 Stati degli Usa e cinque città europee.

In sintesi, i derivati climatici pur essendo uno strumento finanziario nato per affrontare i cambiamenti climatici, offrendo protezione dai rischi meteorologici e contribuendo ad una maggiore stabilità economica per diverse tipologie di attività, col tempo sono diventati progressivamente sempre meno legati all’economia reale e sempre più speculativi, moltiplicando le opportunità di profitto per il sistema finanziario.

Crediti: Photo Gerd Altmann – Pixabay

Federica Coscia, Paolo Gambaro

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