Lasciato alle spalle il Capodanno cinese, l’anno del Drago che ha appena avuto inizio non si presenta sotto i migliori auspici per la situazione economica della Cina e per i suoi mercati finanziari, in affanno dal momento dello scoppio della pandemia in poi.

L’indice MSCI China ha perso il 58%, di cui il 14% solo nel 2023 per molteplici cause. Infatti, pur continuando a crescere a livelli notevoli, l’economia cinese ha subito una serie di contraccolpi che derivano da diversi fattori: prima la politica zero Covid, poi lo scoppio della bolla immobiliare, la crisi demografica degli ultimi anni e, infine, la crisi del sistema bancario parallelo*, con il fallimento del colosso bancario ombra, Zhongzhi, sono alcuni degli elementi che fanno della Cina un osservato speciale agli occhi degli analisti e degli investitori mondiali.

Negli ultimi mesi si aggiunge poi il fenomeno della deflazione, connesso al fatto che molte persone sono preoccupate dalle prospettive economiche e quindi meno inclini a spendere, per cui la domanda di beni e servizi si contrae, spingendo le aziende ad applicare dei ribassi per stimolare i consumatori all’acquisto. Ma è soprattutto la fuga massiccia di capitali che si è intensificata a fine anno a far paura, come pure quell’11% in meno registrato dai volumi delle borse cinesi nell’anno appena chiuso, mentre i diretti concorrenti per l’egemonia mondiale, gli Usa, incassavano un +24 per cento.

Per tutti questi elementi, oltre che per l’incognita del conflitto con Taiwan, già a dicembre, Moody’s ha peggiorato l’outlook sulla Cina, passando da stabile a negativo.

E’ notizia di gennaio, che Pechino avrebbe predisposto un piano da 278 miliardi di dollari, anche per far fronte al recente crollo di Evergrande, gigante dell’immobiliare cinese, che però potrebbe non bastare per arginare il contagio della crisi, come insegnano la storia dei Subprime e della crisi del 2008. Il rilancio dell’economia cinese dovrebbe passare attraverso una serie di riforme strutturali, che il regime comunista non sembra interessato a realizzare, che spingano anche i consumi interni e migliorino il benessere della popolazione, oltre ad assicurare una maggiore trasparenza negli scambi per tutelare gli investitori stranieri.

La presa di posizione di Moody’s ha immediatamente generato una campagna dei media cinesi tesa a screditare l’autorevolezza dell’agenzia. In sostanza Pechino tenta di mantenere una narrazione di successo, senza considerare la valutazione del Paese da parte dei mercati e delle organizzazioni internazionali. Ciò non sottrae la Cina dal dover fronteggiare la crisi interna e un malcontento piuttosto diffuso. Le risorse di cui dispone sono numerose e, qualora si traducessero in immense iniezioni di liquidità e/o anche in una spinta alle istituzioni affinché sostengano il mercato locale, potrebbero essere sufficienti a ripristinare – già nel breve termine – la fiducia degli investitori nel mercato cinese.

 

*Per sistema bancario ombra si intende un sistema costituito da shadow bank (NBFI), che non hanno licenza bancaria completa e non possono accettare prestiti dal pubblico. Si tratta di un circuito di istituti soggetti ad una scarsa regolamentazione e non tenuti a disporre di ingenti capitali propri come le banche ufficiali, per cui possono concedere prestiti molto più velocemente rispetto ad esse, senza aver bisogno delle medesime garanzie e così facendo, stimolano dunque la crescita economica, al prezzo di una ridotta stabilità finanziaria.

Crediti: Photo Braincontour – Pexels

Federica Coscia, Paolo Gambaro

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