In periodo di pandemia sempre più spesso capita di dover affrontare il problema dell’assenza per malattia, sia dal punto di vista dell’imprenditore, sia dal punto di vista del lavoratore: ma quanto può durare questa assenza dal lavoro? Può essere indefinita fino a quando lo stato di salute della persona non consenta la ripresa dell’attività lavorativa o ha un termine?

L’argomento mi fa tornare alla memoria Hans Castorp, il protagonista del più noto romanzo di Thomas Mann, “La montagna incantata”, che si trova costretto a dover trascorrere un lungo periodo di cure presso un noto sanatorio svizzero nella cittadina di Davos (questo sanatorio, realmente esistente, è oggi stato riconvertito in albergo di lusso ed è stato il set del film “Youth – La giovinezza” di Paolo Sorrentino).

Certamente la malattia rappresenta, da un punto di vista strettamente giuridico, un’ipotesi legale di sospensione del rapporto di lavoro ed è, innanzitutto, tutelata, dagli artt. 32 e 38 della Costituzione.

Durante la malattia, l’assenza del lavoratore risulta giustificata ed il datore di lavoro è tenuto a “conservare” il posto di lavoro del dipendente nei limiti di un certo periodo. Tale periodo, che prende il nome di comporto, si differenzia a seconda del settore lavorativo di appartenenza ed è stabilito, nella maggior parte dei casi, dai diversi Contratti Collettivi Nazionali di settore. Quindi l’assenza per malattia del lavoratore non può essere a tempo indefinito.

Superato, infatti, il periodo di comporto, il datore di lavoro può procedere al licenziamento del dipendente.

La giurisprudenza ritiene che il licenziamento debba essere “tempestivamente intimato”, per evitare che il lavoratore faccia affidamento sulla convinzione che l’imprenditore non si voglia avvalere della facoltà che la legge gli accorda in questo caso.

Tantissimi sono i casi finiti all’attenzione dei Giudici del Lavoro. Tra i più interessanti affrontati dai Tribunali riguardano situazioni in cui il lavoratore sostiene che il proprio stato di malattia e il conseguente superamento del periodo di comporto siano stati causati dalla nocività dell’ambiente di lavoro.

In alcuni casi, infatti, il licenziamento del dipendente è stato dichiarato illegittimo quando il suo stato patologico è stato causato da fatti integranti mobbing o quando il lavoratore è stato adibito a mansioni non compatibili con le sue condizioni fisiche. Ancora, se l’infortunio occorso al dipendente è stato causato da violazioni in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro, le assenze effettuate dal lavoratore non sono computabili nel periodo di comporto. Se la malattia, quindi, è stata causata da comportamenti datoriali i periodi di assenza devono essere esclusi dal calcolo del comporto. Naturalmente sarà onere del lavoratore provare in giudizio tali comportamenti, compito non sempre facile da assolvere.

Va da ultimo precisato che i periodi di affidamento domiciliare in quarantena Covid, anche se la norma li assimila ad assenza per malattia, sono esplicitamente esclusi dal computo del periodo di comporto (art. 26, comma 1, D.L. n. 18/2020).

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Avv. Alessandro Gambaro

Scarica e conserva “IL CAVEAU N° 86”.

L’Avv. Alessandro Gambaro, laureato all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, è iscritto all’Albo degli Avvocati di Novara dopo aver sostenuto l’esame di abilitazione alla professione presso la Corte d’Appello di Torino. Si occupa, fin dall’inizio dell’esercizio della professione, in via prevalente di Diritto del Lavoro, svolgendo attività di consulenza e assistenza, sia nella fase stragiudiziale che in quella contenziosa, a favore di società e persone fisiche. Aggiorna in modo costante lo studio della materia lavoristica, seguendo numerosi corsi di approfondimento, fra i quali il Corso di Perfezionamento in Diritto del Lavoro VII Edizione, diretto dalla Prof.ssa Avv. Mariella Magnani e organizzato dall’Università di Pavia. A partire dal mese di ottobre 2019, ha frequentato il corso biennale di formazione della scuola AGI – Associazione Giuslavoristi Italiani – al fine di accrescere ulteriormente le proprie competenze della materia.