Praticamente ogni giorno abbiamo a che fare con password da inserire per accedere a qualche account. Ormai le nostre identità sono diventate sempre più digitali. L’utilizzo quotidiano non solo di home banking, caselle email, account social, ma anche account con le pubbliche amministrazioni (tramite Spid), ci consentono di dire che oggi i nostri rapporti sono quasi interamente informatizzati.

E mentre negli ultimi tempi si sta ponendo con sempre maggiore insistenza un problema di tutela della sicurezza informatica, nessuno pare preoccuparsi del fatto che esista anche un’eredità digitale che cresce in volume e in valore ogni giorno di più e con la quale dobbiamo imparare a fare i conti.

Ma cosa si intende per eredità digitale? Si tratta del patrimonio del defunto che comprende una pluralità eterogenea di beni e rapporti giuridici, quali ad esempio file contenuti nella memoria di un computer, messaggi conservati nella casella di posta elettronica, contenuti delle pagine di social media. Si può trattare di beni con un valore semplicemente affettivo, come possono essere le foto di famiglia conservate sul cloud oppure di beni con valore economico-patrimoniale, quali per esempio le credenziali per accedere all’home banking o quelle necessarie per accedere a criptovalute possedute dal defunto.

L’eredità digitale non deve essere confusa con i dispositivi fisici che la contengono: il computer con tutte le password del defunto potrebbe andare ad un erede, mentre il patrimonio digitale potrebbe essere destinato ad altra persona. Certo è che, nel caso di eredità di digitale con valore economico dovranno comunque osservarsi le regole sulle quote di legittima previste dal codice civile.

Occorre anche notare come l’esatta consistenza del patrimonio digitale di ognuno di noi, non è di facile ed immediata percezione (a differenza dei beni materiali). Il suggerimento è, dunque, quello di effettuare in primo luogo una ricognizione, addirittura un vero e proprio inventario, del proprio patrimonio digitale. Al momento non ci sono norme precise che disciplinino specificamente l’eredità digitale. In giurisprudenza si è però posto in certi casi il problema e, alcuni giuristi, pur indicando la necessità di lasciare disposizioni concernenti la propria eredità digitale, riconoscono che gli strumenti – ad oggi previsti dall’ordinamento in materia successoria – non sono adatti al trasferimento di questa parte dell’eredità. Basti pensare al fatto che bisognerebbe cambiare il testamento ad ogni cambio di password o comunicare le credenziali più riservate a notaio e testimoni in caso di testamento pubblico, con ciò contravvenendo alle più basilari norme sulla sicurezza informatica!!!

Una soluzione in molti casi potrebbe essere la via percorsa già da tempo da Facebook: prevedere cioè, all’interno dell’account la possibilità di scegliere un contatto erede che gestisca l’account dopo la morte dell’interessato, con alcune limitazioni, fra le quali ad esempio leggere i messaggi del defunto. Allo stesso modo, l’indicazione obbligatoria di un erede digitale per gli account utilizzati dalla persona, garantirebbe la possibilità di accesso a questi dati al soggetto designato, senza dimenticare, quando si tratti di beni virtuali di valore economico, di rispettare le disposizioni del codice in materia di tutela dei legittimari.

 

Crediti: Photo di Gino Crescoli da Pixabay

Federica Coscia, Paolo Gambaro

Scarica e conserva “IL CAVEAU N° 83”.