Il Consulente Finanziario illustra in dettaglio pro e contro che possono derivare dalla scelta di portare i propri risparmi all’estero.

Dopo gli ultimi articoli usciti sui principali quotidiani nazionali riguardo al declassamento dell’Italia da parte di Moody’s; l’outlook negativo attribuito al nostro Paese da S&P; la bocciatura da parte dell’UE della manovra finanziaria e, dulcis in fundo, la ventilata ipotesi di introduzione della patrimoniale, nelle ultime due settimane molte persone si domandano se non sia meglio portare i propri risparmi all’estero, in posti come la Svizzera, da sempre considerata “porto” sicuro per antonomasia nei periodi di crisi e di incertezza.

Sembra di essere tornati indietro di qualche anno, precisamente al Marzo 2013, quando Cipro, per evitare tragiche conseguenze, introdusse un’imposta sui depositi oltre i 100.000 euro che letteralmente spazzò via in una notte 9,8 miliardi di Euro.

Ma quanto a portare i capitali (legalmente) all’estero regna la più grande emotività e confusione, molto spesso causata da mancanza di adeguata informazione. È necessario, quindi, fare chiarezza su alcuni punti.

Dalla ratifica dell’accordo FACTA (Foreign Account Tax Compliance Act), operativo in Italia dal 2014, nato per contrastare l’evasione fiscale dei contribuenti statunitensi che effettuano operazioni con intermediari finanziari stranieri e dei cittadini italiani presso istituzioni finanziarie USA, il mondo finanziario è molto cambiato.

Ha fatto seguito in Europa l’emanazione della direttiva 2014/107/UE che ha introdotto un sistema multilaterale di scambio automatico di informazioni: il Common Reporting Standard noto con l’acronimo di CRS, anch’esso nato per facilitare i controlli anti-evasione.

Partendo quindi dal presupposto di essere pienamente consapevoli di come funziona oggi il monitoraggio fiscale e valutario le domande da porsi sono:

Perché portare i soldi all’estero, di che cosa ho paura?

  • Di un ritorno alla Lira con conseguente ridenominazione del debito pubblico?
  • Di un prelievo forzoso?
  • Di una crisi bancaria?
  • Di una patrimoniale?

Ritorno alla Lira
Una buona difesa è lasciare i propri assets in banche italiane, avendo cura di non avere eccessiva liquidità sul conto e/o strumenti finanziari cui si applichi il solo diritto italiano.
La semplice sottoscrizione di un fondo comune o Sicav di diritto estero (lussemburghese o irlandese) potrebbe essere utile ad evitare il problema di un’eventuale uscita dalla moneta unica.

Prelievo forzoso
Se il legislatore dovesse optare per un prelievo forzoso, bisognerà anzitutto verificare cosa andrebbe a colpire una tale misura, se solo la liquidità sul conto, o anche altri assets.
Non è comunque “portando i soldi in Svizzera” che il problema potrebbe risolversi, perché – essendo residente italiano – sarà necessario adempiere i propri obblighi tramite fiduciaria o tramite quadro RW della Dichiarazione dei Redditi.

Crisi bancaria
La vera paura sembra però essere quella di una grave crisi bancaria, che abbia le medesime conseguenze di quanto successo a Cipro e in Grecia, ovvero il blocco totale di alcune banche, che per un certo periodo non furono autorizzate a rilasciare neanche il denaro contante. Prima di arrivare ad un tal punto le soluzioni adottabili, sia a livello di sistema Paese, sia a livello europeo, sono svariate, tanto più a fronte delle già maturate esperienze di crisi di alcuni Stati Membri.

Crisi patrimoniale
L’unica soluzione per evitarla è quella di prendere la residenza in uno stato estero. Potrebbe infatti non bastare – come da molti esperti recentemente osservato – portare i risparmi all’estero, interponendo lo schermo di una fiduciaria.
Ma nemmeno il semplice trasferimento formale di residenza, con iscrizione all’AIRE, può essere sufficiente. Per il fisco si applica il criterio della residenza effettiva, con onere di prova a carico del contribuente nel caso di residenza dichiarata in Paesi facenti parti della cosiddetta Black List. Nel caso di Paesi della cosiddetta White List, l’amministrazione finanziaria può comunque far ricorso a svariati criteri per dimostrare che la residenza effettiva sia quella italiana (es: centro vitale dei propri interessi familiari, professionali e personali in Italia, presenza sul territorio nazionale per oltre il 50% dell’anno solare, intestazione di immobili a uso residenziale ecc.), con conseguente riqualificazione della residenza a fini fiscali.

In conclusione si può tranquillamente aprire un conto corrente in Svizzera anche senza il supporto di una fiduciaria. Le consistenze di questo conto dovranno però essere dichiarate nel quadro RW della Dichiarazione dei Redditi.

Quindi la soluzione è tenere i propri risparmi sotto il materasso? Scherzi a parte, oltre al rischio della svalutazione della moneta, ulteriore rischio potrebbe essere quello di demonetizzazione, come è successo recentemente in India che ha dichiarato fuori corso e non convertibili con effetto immediato alcune banconote di grosso taglio. Non è poi da sottovalutare una possibile futura stretta dei limiti di utilizzo del contante, con conseguente necessità di versare in banca i liquidi per poterli utilizzare nelle transazioni commerciali e successive segnalazioni ai fini di antiriciclaggio.

Scarica e conserva “IL CAVEAU N° 39”.